
arrestato il 13 giugno 2009
Giornalista, laureato all’Università di Tehran in relazioni internazionali, specialista di questioni medio-orientali, Zeydabadi scrive per il sito Roozonline e per la sezione il lingua farsi della BBC, BBC Persian.
Dal gennaio 2008 è presidente (con mandato biennale) dell’associazione Advare Tahkim Vahdat, la più importante organizzazione iraniana di ex-studenti e studenti, nata nel 1979 come associazione islamica conservatrice contrapposta ai gruppi studenteschi laici e progressisti, ma negli anni Novanta evolutasi sino a diventare una delle più note associazioni riformiste e democratiche dell’Iran, molto attiva nella difesa dei diritti umani. Da allora spesso i suoi membri e i suoi leader hanno subito provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Da molti anni le opinioni politiche riformiste di Zeydabadi e la sua opposizione al regime di Ahmadinejad e alle posizioni del leader supremo Khamenei sono note nel paese.

Zeydabadi ha già trascorso lunghi periodi nel carcere di Evin. Fu arrestato il 7 agosto 2000 da una dozzina di agenti in borghese presentatisi a casa sua. L’arresto era legato agli articoli da lui scritti nel corso del 1999 per giornali via via chiusi dalle autorità. In particolare Zeydabadi scriveva allora per Hamshahri (Il cittadino). La moglie disse che il procuratore Saeed Mortazavi aveva motivato il provvedimento con il rifiuto di Zeydabadi di presentarsi in tribunale per rispondere alla corte. Sta di fatto che questi venne rinchiuso in cella di isolamento nel braccio 240 di Evin per due mesi, per poi essere trasferito il 12 ottobre 2000 nella sezione Qarantina del braccio 3, di solito riservata ai detenuti comuni (ladri e spacciatori) e inusuale per un giornalista, poi nella cosiddetta sezione Amuzeshgah (“centro di riabilitazione”), infine nella sezione 5. Durante la detenzione, per 12 giorni rimase in sciopero della fame in segno di protesta contro le condizioni carcerarie.

Ahmad Zeydabadi venne rilasciato il 28 febbraio del 2001 dietro pagamento di cauzione di 75mila dollari; ma non trascorsero due settimane e fu riarrestato (l’11 marzo 2001) insieme ad alcune decine di membri e sostenitori dell’associazione Iran Freedom Movement e subito nuovamente rilasciato (il 12 marzo).
Uno speciale tribunale amministrativo presieduto da Saeed Mortazavi lo condannò a 23 mesi di prigione e a 5 anni di sospensione dei diritti civili. La Corte d’Appello di Tehran ridusse la pena a 13 mesi. Avendone scontati già sette di custodia cautelare tra il 2000 e il 2001, Zeydabadi ritornò a Evin il 13 aprile 2003 per scontare i restanti 6 mesi.


Sulla data del recente arresto di Ahmad Zeydabadi, nel giugno 2009 le fonti non concordano: 12 giugno (FIDH), 13 giugno (The Guardian), 14 giugno (Reporters Sans Frontières), addirittura 21 giugno (Roozonline). In ogni caso le notizie fornite sul suo conto dalla moglie a Rooozonline sono molto allarmanti. Zeydabadi è stato tenuto in completo isolamento per 35 giorni, la famiglia non sapeva dove fosse e solo in agosto la moglie ha avuto la possibilità di incontrarlo per la prima volta nel carcere di Evin, accompagnata dall’avvocato. Ella ha raccontato che il marito aveva iniziato come (nel 2000) uno sciopero della fame di protesta e si era diffusa la voce che fosse stato trasferito in ospedale. In realtà le guardie carcerarie lo hanno semplicemente portato da un medico che lo ha convinto a interrompere lo sciopero persuadendolo della sua inutilità perché nessuno, fuori del carcere, ne era a conoscenza. Quel medico è stato l’unico essere umano (secondini a parte) incontrato da Zeydabadi nei primi 35 giorni di detenzione. Senza luce, senza suoni, senza incontrare nessuno per 35 giorni: questa è stata la condizione vissuta da Ahmad Zeydabadi in cella di isolamento. Chiamarla cella, anzi, è inappropriato: egli ha detto alla moglie di essere stato rinchiuso in una sorta di container (lungo un metro e mezzo) che sembrava una tomba.

Coloro che lo interrogano in carcere vogliono costringerlo a rinunciare a qualsiasi attività politica e giornalistica.
Nel frattempo Ahamad Zeydabadi è comparso in due udienze del processo farsa in corso a Tehran: la seconda dell’8 agosto (caratterizzata dalla presenza in aula della studiosa francese Clotilde Reiss) e la quarta del 25 agosto.

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