martedì 8 settembre 2009

Prigionieri politici in Iran 9: Kian Tajbakhsh



9) Kian Tajbakhsh

arrestato il 9 luglio 2009

Il suo è stato il primo caso di cittadino americano arrestato in Iran dopo le elezioni del 12 giugno. Tajbakhsh ha infatti un doppio passaporto (iraniano e americano).
È studioso di sociologia e urbanistica. Ha svolto i suoi studi universitari a Londra (Imperial College e University College) e ha compiuto il Ph.D a Columbia University (New York). È stato a lungo membro del Social Science Research Council (SSRC), la più importante organizzazione americana di studiosi in scienze sociali, nell’ambito della quale si è occupato specialmente dei programmi riguardanti il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
Ha insegnato in atenei americani e iraniani. In particolare è stato per sette anni docente di Governo e politiche urbane alla New School di New York, dove ha tuttora l’incarico di senior resarch fellow. Ha pubblicato due libri molto noti nel suo campo: The Promise of the City: Space, Identity and Politics in Contemporary Social Thought (University of California Press, 2001) e Social Capital: Trust, Democracy and Development (in farsi).
È un esperto di fama internazionale in politiche sociali, pianificazione urbana, salute pubblica, amministrazione locale. È stato consulente del Ministero degli Interni iraniano, così come di organismi internazionali quali la Banca Mondiale e l’Open Society Institute (fondato da George Soros). Si è occupato anche dei progetti di ricostruzione seguiti al devastante terremoto del 2003 a Bam.
Nel 2007 era stato già arrestato con l’accusa di aver fomentato la protesta contro il regime islamico ed era rimasto nel carcere di Evin per oltre quattro mesi. Dopo quell’esperienza aveva scelto di rimanere in Iran, dove vive la sua famiglia. Nel 2007 è nata la sua prima figlia e da allora Tajbakhsh si è deliberatamente tenuto lontano dalla politica, dedicandosi ai suoi studi e a scrivere libri, benché le sue attività scientifiche abbiano continuato ad essere tenute sotto stretta sorveglianza dalle autorità.
È stato arrestato alle 9 di sera del 9 luglio. Due uomini che si sono identificati come agenti dei servizi iraniani si sono presentati a casa sua e hanno cominciato a interrogare lui e la moglie. Dopo tre ore, lo hanno prelevato e condotto in luogo ignoto senza fornire alcuna giustificazione legale per il provvedimento. Hanno portato via anche due computer e altri oggetti personali di Tajbakhsh. Si è poi saputo che egli sarebbe accusato di avere collaborato con Hossein Raman, impiegato dell'ambasciata britannica, a sua volta arrestato, al quale il regime attribuisce un ruolo chiave nell'organizzazione delle proteste post-elettorali.
I suoi colleghi della New School hanno tentato di consegnare una petizione per il suo rilascio (con 800 firme) ai delegati della missione iraniana alle Nazioni unite, i quali però hanno rifiutato di riceverla. È nato anche un sito, FreeKian2009 che raccoglie le firme per un’altra petizione e racconta la storia di Kian Tajbakhsh. Altri appelli sono per ora rimasti inascoltati. Un ritratto di Kian Tajbakhsh (con un'accorata esortazione alla sua liberazione), è stato pubblicato il 31 luglio sul Guardian.


Aggiornamento del 1° agosto 2009

Si sono rivelati reali e fondati i timori che la famiglia e gli amici di Kian Tajbakhsh avevano espresso al corrispondente dell'Associated Press lo scorso 17 luglio: che cioè Tajbakhsh fosse detenuto e sottoposto a pressioni per estorcergli confessioni da usare nel corso di un processo farsa da dare in pasto al pubblico televisivo dell'Iran. Kian Tajbakhsh è infatti oggi comparso in pubblico (foto sopra), per la prima volta dal giorno del suo arresto, nel corso della conferenza stampa seguita alla prima udienza del cosiddetto "processo farsa" (le foto di Tajbakhsh sono state pubblicate online dall'agenzia semi-ufficiale Farsnews). Il processo è organizzato dalla Corte Rivoluzionaria di Tehran contro un primo gruppo di coloro che sono stati arrestati dopo le elezioni del 12 giugno. L'accusa, per gli imputati, è quella di avere organizzato la protesta post-elettorale con il contributo e il sostegno di paesi occidentali ostili alla Repubblica Islamica dell'Iran: in sostanza di avere complottato contro il Paese. Si tratta di reati per i quali in Iran può essere comminata la pena di morte. È chiaro che la vita, il curriculum internazionale e il doppio passaporto di Kian Tajbakhsh lo rendono il candidato ideale cui cucire addosso il ruolo di "spia al servizio delle potenze straniere".
Un comunicato diffuso dalla famiglia e dagli amici di Tajbakhsh respinge con veemenza queste accuse, riaffermando che egli ha sempre mantenuto una posizione di neutralità politica impegnandosi, con il suo lavoro di studioso, nello sforzo superare le barriere culturali. Nel comunicato viene inoltre ribadito che Tajbakhsh, nel corso di queste settimane, è stato detenuto in luogo ignoto, senza la possibilità di incontrare né il suo avvocato né la famiglia.


Aggiornamento del 2 agosto 2009

L'agenzia Associated Press (ripresa dal New York Times) cita la testimonianza di Pamela Kilpadi, una ricercatrice che stava lavorando a un libro con Kian Tajbakhsh. "So per certo - ha detto la Kilpadi - che Kian non ha giocato alcun ruolo negli incidenti post-elettorali che si sono verificati in Iran. Ha persino detto che non sarebbe andato a votare alle elezioni. In quanto studioso indipendente Kian ha sempre perseguito la neutralità politica".
La Kilpadi, facendo riferimento alle "confessioni" e alla "ammissioni di colpa" di Tajbakhsh e di altri imputati nel corso del processo, ha aggiunto: "Si tratta di dichiarazioni estorte con la forza e sotto minaccia a qualcuno che è tenuto in un luogo segreto, senza la possibilità di avere contatti con gli avvocati, la famiglia, gli amici, in violazione ai trattati sui Diritti Umani dei quali l'Iran è presumibilmente firmatario".


Aggiornamento del 27 agosto 2009

Se sperava di potersi dedicare ai suoi libri, agli studi e alla famiglia, Kian Tajbakhsh starà vivendo questi mesi di detenzione e le udienze del "processo farsa" in corso a Tehran come il peggiore degli incubi. Il teorema accusatorio gli ha infatti attribuito un ruolo centrale nella progettazione di quella che le autorità di Tehran definiscono la "rivoluzione di velluto". Essa sarebbe stata pianificata dalle potenze occidentali (Stati Uniti e Gran Bretagna in primis) per sovvertire l'ordine costituito della Repubblica Islamica. La quarta udienza del "processo farsa", svoltasi il 25 agosto (foto a sinistra), ha fatto definitiva chiarezza su quale ricostruzione intenda dare il regime dei fatti degli ultimi mesi. E, in questa ricostruzione, la figura di Tajbakhsh è il tassello senza il quale il castello cadrebbe: colui che avrebbe fatto da anello di congiunzione tra le forze straniere nemiche dell'Iran e le forze dell'opposizione interna.
Nel corso dell'udienza del 25, da un lato il politico e giornalista riformista Saeed Hajjarian (arrestato nonostante sia rimasto invalido dopo un attentato subito nel 2000) è stato costretto a sottscrivere una dichiarazione in cui indica proprio Tajbakhsh come il punto di riferimento in Iran della Soros Foundation, accusata di tramare contro il regime. Dall'altro lo stesso Tajbakhsh (al quale, è bene ricordarlo, non è stato consentito nemmeno di consultare e nominare un avvocato difensore di sua scelta) è stato costretto a leggere in aula la sua "confessione" (ne dà notizia il sito filogovernativo PressTv) in cui chiama in causa l'ex presidente Mohammad Khatami e l'ex rappresentante dell'Iran alle Nazioni Unite Mohammad-Javad Zarif. Nel 2006 essi avrebbero incontrato di persona George Soros. Del resto sin dal 1997, cioè da quando era diventato presidente, Khatami sarebbe stato in contatto con la Fondazione Soros (e complice del suo piano sovversivo) e avrebbe incontrato più volte Tajbakhsh fino a tutto il 2005.
Inutile segnalare un'anomalia in questa ricostruzione: perché il presidente Khatami, già dal 1997, avrebbe dovuto tramare contro il regime di cui lui stesso, in quanto presidente, era uno dei maggiori esponenti?
"Grazie al supporto di alcuni funzionari del fronte riformista - ha aggiunto Tajbakhsh nella sua "confessione" - partiti politici e organizzazioni non governative di provenienza americana trovarono il modo di cominciare la loro attività in Iran".
In altre parole, secondo il teorema accusatorio costruito dalle autorità del regime e caricato sulle spalle di Kian Tajbakhsh, il governo americano e la Cia avrebbero nascosto dietro attività scientifiche neutrali (seminari, conferenze e ricerche) sovvenzionate da prestigiose istituzioni accademiche internazionali (il Centro internazionale Woodrow Wilson e la Carnegie Foundation, tra le altre) i loro piani per destabilizzare la Repubblica Islamica. Il vero e segreto scopo di queste attività di ricerca sarebbe stato "perturbare l'ordine pubblico e seminare il caos e la paura nella società" (sono sempre parole della "confessione" estorta a Tajbakhsh) con l'obiettivo ultimo di rovesciare il sistema.
E', se non altro, un'ennesima prova di quale considerazione abbiano le autorità della Repubblica Islamica per i liberi studi, per la libera ricerca, per la cultura in genere: servono se sono organici al regime. Le parole recentemente rivolte a studiosi e poeti iraniani dal leader supremo Khamenei non lasciano dubbi: "Artisti e intellettuali sono parte del grande movimento della Rivoluzione e sono obbligati ad esprimere la loro comprensione della Verità" (fonte agenzia ILNA).


Aggiornamento del 30 agosto 2009

Subito dopo l'udienza del 25 agosto, la famiglia di Kian Tabakhsh ha nuovamente e con forza ribadito l'assoluta estraneità del loro caro alle accuse che gli vengono mosse: "Kian non è membro di alcun movimento iraniano riformista e non ha avuto alcun coinvolgimento in qualsiasi manifestazione o protesta pre o post-elettorale".
Il 27 agosto il portavoce del Dipartimento di Stato Ian Kelly è tornato a chiedere la sua liberazione (come già fatto il 15 agosto dal Segretario di Stato Hillary Clinton): "Crediamo che le accuse che gli sono mosse non abbiano fondamento. E, naturalmente, abbiamo ripetutamente richiesto il suo rilascio".




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