domenica 30 agosto 2009

Prigionieri politici in Iran 7: Mohammad Ali Dadkhah



7) Mohammad Ali Dadkhah

arrestato l'8 luglio 2009

Avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, è stato tra i fondatori del Defenders for Human Rights Center (DHRC), di cui è direttore Shirin Ebadi (premio Nobel per la pace nel 2003) e di cui è membro anche Abdolfattah Soltani.
Dal 1997 si è occupato di circa 400 casi di violazioni dei diritti umani: giornalisti accusati di aver scritto contro il regime, dissidenti ritenuti dalle autorità dei sovversivi, studiosi perseguitati perché avrebbero offeso l’Islam, membri della setta Bahai espulsi dall’università a causa del loro credo religioso. Nel 2000 ha assunto con coraggio la difesa di un esponente del Freedom Movement (fuorilegge) davanti alla Corte Rivoluzionaria. Ha alle spalle un passato di continue vessazioni e intimidazioni subite dalle autorità del regime a causa della sua attività.
Nel novembre 2001, nel corso di un processo contro prigionieri politici, durante l’arringa difensiva fu espulso dal presidente della Corte Rivoluzionaria e gli venne così impedito di svolgere il suo ruolo per il resto del dibattimento. In seguito a quei fatti venne lui stesso processato dalla corte di Tehran con l’accusa di diffamazione e falsa testimonianza.
Il 20 maggio 2002 fu condannato a cinque mesi di carcere e a dieci anni di allontanamento dall’esercizio della professione.
Il 20 gennaio 2003 fu arrestato e trasferito nel carcere di Evin contemporaneamente al collega Abdolfattah Soltani. Gli è stato più volte impedito di lasciare il paese.
Dadkhah ha tra l’altro difeso Esha Mosheni, giovane cittadina americana con doppio passaporto (iraniano-statunitense), arrestata nel 2008 per una banale infrazione stradale e detenuta nel carcere di Evin, poi rilasciata dietro pagamento di cauzione, ma con il divieto di abbandonare l’Iran (dove nel maggio scorso risultava trovarsi ancora). È stato anche il difensore di Omid Reza Mir Sayafi, blogger iraniano condannato a 30 mesi prigione e morto in carcere.
Mohammad Ali Dadkhah è stato arrestato l’8 luglio, alle 16 (ora di Tehran), nel suo ufficio, da agenti non identificati. Insieme all’avvocato Dadkhah sono state arrestate quattro persone (poi rilasciate) che si trovavano in quel momento al lavoro con lui nello stesso ufficio: la figlia Malihe Dadkhah, Sara Sabaghian, Bahareh Dowaloo e Amir Raiisian. Un loro collega ha affermato che l’arresto è avvenuto mentre l’avvocato Dadkhah e i suoi collaboratori stavano discutendo di una circolare del regime che mirava a limitare l'indipendenza dell'avvocatura. Lo studio legale è stato poi chiuso e sigillato con metodi simil a quelli usati nel dicembre 2008 per la chiusura del DHRC. L’avvocato Dadkhah aveva assunto la difesa di molti prigionieri arrestati nel corso delle manifestazioni delle ultime settimane.
Si è appreso intanto che la motivazione formale con cui l’avvocato Dadkhah è tuttora detenuto è l'accusa di “possesso illegale di armi da fuoco e di droga”.


Aggiornamento del 5 agosto 2009

Dopo quasi un mese di detenzione, l'avvocato Mohammad Ali Dadkhah è stato trasferito dal reparto speciale del carcere di Evin a quello riservato ai detenuti comuni. Il suo mandato d'arresto è stato prolungato su richiesta del procuratore del Tribunale Rivoluzionario.


Aggiornamento del 18 agosto 2009

Nei giorni scorsi Amir Raiisian, avvocato di Dadkhah, ha potuto incontrare a Evin il suo assistito. Ha poi rilasciato un'intervista a Harana News in cui ha detto di aver trovato Dadkhah in buone condizioni e ha specificato che è detenuto nel braccio 3, cella 8 di Evin. Le accuse mosse a suo carico sono attentato alla sicurezza nazionale e possesso di armi e droga. Raiisian ha anche spiegato che una capziosa intepretazione della legge iraniana da parte delle autorità fa sì che, nella fase istruttoria ancora in corso, è consentito all'imputato di nominare un avvocato ma non a questi di assisterlo. Perciò la presenza di un legale agli interrogatori non è affatto garantita.
Raiisian ha poi ricordato che nei prossimi giorni l'avvocato Dadkhah avrebbe dovuto patrocinare due cause di notevole importanza, una contro il giornale conservatore Kayhan, vicino al regime, l'altra contro il presidente dell'Ufficio del patrimonio culturale, accusato di incapacità e negligenza nello svolgimento del suo incarico.
"Ci aspettiamo - ha concluso Raiisian - che la comunità degli avvocati iraniani abbia una particolare sensibilità per questo caso. Dadkhah è uno degli avvocati difensori più brillanti ed esperti del Paese, circa 120 avvocati in Iran hanno svolto con lui il loro praticantato. Negli ultimi anni, inoltre, Dadkhah ha assunto la difesa di ben quattromila casi senza pretendere onorario".


Aggiornamento del 19 agosto 2009

Notizie molto più inquietanti di quelle fornite dall'avvocato Raiisian sono trapelate ieri da una fonte anonima raccolta dal sito mowjcamp.com (Onda verde di libertà). Secondo queste notizie, l'avvocato Dadkhah sarebbe sottoposto a maltrattamenti e a pesanti torture fisiche e psicologiche. In particolare Dadkhah sarebbe stato brutalmente percosso e fatto ripetutamente rotolare lungo una scala di tre piani; gli sarebbe stato inoltre fatto credere che la figlia (già arrestata l'8 luglio insieme a lui, ma subito rilasciata) è stata di nuovo arrestata. Tutto questo con lo scopo di spingerlo a confessare che lui e gli altri membri del Defenders for Human Rights Center sono traditori e cospiratori al servizio dei nemici stranieri dell'Iran.


Aggiornamento del 13 settembre 2009

L'avvocato Mohammad Ali Dadkhah, è stato rilasciato oggi dopo 68 giorni di carcere. E' stata pagata per lui una cauzione di 5 milardi di rials iraniani, pari a 500mila dollari statunitensi. L'entità della cauzione, stando alle notizie ufficiali era stata concordata mercoledì scorso in ribunale dai due legali di Dadkhah, Alizadeh Tabatabai e Abdolfattah Soltani (quest'ultimo a sua volta è stato da poco rilasciato su cauzione dopo oltre due mesi di detenzione).


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